Approfondimenti e considerazioni intorno all'iconografia del pulpito della Pieve di Gropina

(Arch. Alessandro Materassi )


1) Brevi cenni storici

2) Il primo pannello laterale destro: elementi fitomorfi con spirali

3) Il secondo pannello laterale destro: iconografia solare

4) IL primo pannello di sinistra: la sirena bifida e la contrapposta figura maschile

5) Il secondo pannello di sinistra: il Serafino ed altre rappresentazioni

6) Il terzo pannello di sinistra: simboli solari e spiraliformi

7) Il basso rilievo a fascia presente alla base dell’ ambone

8) Le colonne annodate e la parte frontale del pulpito

9) Sintesi del messaggio contenuto nella simbologia del pulpito


1) Brevi cenni storici

La Pieve di S. Pietro a Gropina è situata lungo l'antica strada dei Setteponti, che si snoda attraverso i contrafforti del Pratomagno, poco distante dall'abitato di Loro Ciuffenna. La sua posizione suggestiva, immersa nella natura e circondata da colline e boschi, la rende un luogo di grande fascino e suggestione. Fig.1

Oggi la pieve di San Pietro a Gropina è un luogo di culto e di spiritualità, ma anche di turismo e di interesse storico-artistico. I visitatori che giungono in questo luogo possono godere della bellezza di un contesto carico di storia e di tradizione, e lasciarsi trasportare dall'atmosfera magica e avvolgente che lo circonda. Di questa antichissima chiesa, la cui realizzazione nella veste attuale viene fatta risalire, dagli studiosi più autorevoli, tra la seconda metà del XII secolo ed i primi anni del secolo successivo, si ha già notizia in un diploma di Carlo Magno del 780, con il quale si concedevano alla potentissima Abbazia di San Silvestro di Nonantola molti beni situati in Toscana e fra questi la Pieve di S. Pietro a Gropina. Attestazione storica che trova un sostanziale riscontro nel fatto che, durante alcuni scavi effettuati in occasione dei lavori di restauro del complesso religioso, sono emerse tracce significative di strutture romane ed i resti di due chiese notevolmente più antiche di quella attualmente esistente, di cui una risalente al periodo Longobardo (VIII-IX secolo) e l’altra addirittura al periodo paleocristiano (V-VI secolo). [1]

Tra l’altro, tale luogo, stando alle leggende popolari e prima dell’epoca di conversione al cristianesimo, avrebbe ospitato un tempio pagano dedicato ad una Divinità femminile, e propriamente alla dea Diana, figlia di Giove e di Latona e sorella di Apollo[2]

La posizione strategica di Gropina è dunque innegabile, sia per la possibilità di controllo visivo di una parte rilevante della pianura sottostante dell'Arno, sia perché la chiesa è sorta lungo un antico percorso stradale di grande importanza, già in epoca etrusco-romana, di cui si hanno testimonianze in vari ritrovamenti archeologici. [3]

Fig.2

Infatti, la tesi circa il passaggio di una strada consolare romana sulla riva destra dell’Arno il cui tracciato, relativamente al collegamento tra le località di Arezzo e Fiesole, ricalcasse sostanzialmente quello della cosiddetta strada dei “setteponti”, oltre ad essere sostenuta da moltissimi storici, è anche avvalorata dalla presenza, su tale itinerario, di alcune antichissime pievi che, in molti casi, rappresentano la continuazione dei preesistenti “pagus” romani.[4]

La chiesa di Gropina presenta una struttura basilicale con un'abside semicircolare. Esternamente, nella parte inferiore, si possono osservare arcate cieche suddivise da lesene, mentre nella parte superiore, a loggetta, ci sono 14 piccoli archi sorretti da 12 colonne uguali e due colonne centrali annodate, che richiamano il motivo del pulpito situato all’interno della stessa pieve. La facciata, realizzata in filaretto di arenaria, e soggetta a diverse modifiche nel corso del tempo, è particolarmente sobria. All'interno, l'articolazione spicca per le sue pregevoli decorazioni ed è suddivisa in tre navate delimitate da colonne di pietra con archi a tutto sesto. Le colonne sono dodici, sei per lato, e ognuna presenta un proprio capitello romanico di buona fattura. I capitelli rappresentano scene sacre e profane con chiaro intento didascalico. L'ambone circolare è un elemento magnifico, scolpito in basso ed alto rilievo con figure zoomorfe e motivi geometrici, che sintetizza e conclude simbolicamente la simbologia del cristianesimo. Durante il periodo medievale, le cattedrali avevano la funzione di rappresentare, per un popolo in gran parte analfabeta, una “traslitterazione” della dottrina cristiana. Di conseguenza, ogni edificio religioso sviluppava un tema iconografico perfettamente comprensibile.

Lo studio e l'interpretazione della simbologia presenti in queste entità religiose sono fondamentali per comprendere meglio il pensiero antropologico di questo affascinante periodo storico, specialmente riguardo alle esperienze che hanno caratterizzato le diverse realtà delle nostre campagne. E’ importante sottolineare che e' molto difficile comprendere i fenomeni artistici dell'epoca medievale a causa del divario immenso tra la mentalità di allora e quella attuale. Infatti, mentre la mentalità medievale era incentrata su una forma di religione interpretata in senso magico, mistico e simbolico, quella attuale si basa principalmente su fondamenti scientifici. Per l'uomo medievale profondamente religioso, le decorazioni all'interno dei luoghi sacri non avevano solo una funzione ornamentale, ma costituivano il veicolo essenziale per l'apprendimento dei dogmi della chiesa. Da qui deriva l'interesse nel fare alcune considerazioni sull'iconografia dell’affascinante ambone, che si ritiene risalga al periodo longobardo, come suggeriscono le caratteristiche costruttive.

Fig.3

L'ambone è sostenuto lateralmente da due massicce colonne rettangolari di pietra, che hanno una funzione statica evidente, mentre la parte anteriore poggia su una colonna emblematica ofitica coronata da un capitello sul quale sono scolpite dodici piccole figure inginocchiate. Alcuni studiosi ritengono che queste figure raffigurino i dodici Apostoli, mentre altri le considerano delle figure in preghiera.[5]

La parte superiore del pulpito è evidenziata da una solida cornice in pietra con modanature, che conferiscono eleganza e solidità all’intero manufatto. E’ interessante notare che la cornice nella semicirconferenza destra del davanzale è composta da solo due elementi di lunghezza molto diversa, mentre quella sulla sinistra è composta di ben tre settori distinti e separati, pressoché della stessa lunghezza. Queste differenze, insieme a quelle riscontrabili nell’uso dei materiali e nelle tecniche di lavorazione, fanno pensare che il pulpito sia stato riassemblato utilizzando reperti architettonici preesistenti, probabilmente appartenenti alla chiesa del secolo VIII che è stata scoperta sotto di quella attuale, oltre all’inserimento di alcuni elementi riconducibili ad epoche successive. In particolare, sussistono fondati dubbi circa il fatto che non tutti i pannelli della parte circolare del pulpito, più propriamente del cosiddetto tamburo, risalgano ad una medesima epoca e che la loro ricollocazione sia avvenuta nello stesso ordine sequenziale che essi avevano in origine. 

Nel centro del parapetto, subito sotto il leggio, sono chiaramente visibili i simboli degli Evangelisti: San Giovanni rappresentato da un'aquila, San Matteo da una figura umana sottostante e San Marco da un leone. La sezione del pulpito a destra rispetto ai simboli degli Evangelisti e' composta da due pannelli, uno decorato con motivi geometrici a spirale che formano una stilizzazione di elementi fitomorfi, e l'altro caratterizzato da una rappresentazione originale del sole. [6]. Lo spazio a sinistra, diviso in tre pannelli, presenta ornamenti piatti di valore puramente lineare. Tra le rappresentazioni si possono osservare una sirena bicaudata, un uomo che sta per essere morso alla testa da due serpenti particolari, un serafino con due grifoni ai lati e un pannello decorato con forme circolari classiche, disposte verticalmente, con al centro la famosa rosa celtica con i petali disposti a raggiera, insieme a spirali e simboli solari. Da un'attenta osservazione possiamo intravedere una certa assonanza formale tra il pulpito di Gropina e il Calderone celtico di Gundestrup, anche se ovviamente le due opere sono di dimensioni e nature molto diverse e appartengono a epoche storiche molto distanti. In entrambi i casi, possiamo notare una sostanziale forma cilindrica, una simile forma stondata che corona la circonferenza di base e una modanatura simile posta a delimitare il bordo superiore di entrambe le strutture. E' significativo anche il fatto che entrambe le opere presentino superfici esterne suddivise in pannelli: quelli del pulpito, realizzati in pietra arenaria con raffigurazioni scolpite a bassorilievo e, quelli del calderone, notoriamente composti da inserti d'argento decorati a sbalzo. Inoltre, vale la pena notare che i due repertori figurativi su cui si basano queste opere presentano, sia pure nelle loro rispettive peculiarita', alcuni tratti iconografici comuni.

In definitiva possiamo constatare che le sculture appartenenti al contesto storico, quale quello proprio del pulpito e dell'intero edificio religioso di Gropina, sono rappresentative di un gusto che adottava repertori decorativi caratteristici delle realtà contadine che mescolano simboli magici e pagani con quelli della Cristianità. In tal modo, le maestranze dell'epoca, hanno saputo operare una sofisticata sintesi teologica e dottrinaria in grado di rispondere all'istanze religiose delle popolazioni delle nostre campagne che, per l'apprendimento dei nuovi dogmi Cristiani, si sono avvalse delle preesistenti iconografie pagane e attribuendo ad esse dei nuovi significati. Con riferimenti eminentemente classici è invece il leggio, che pur nella sua forma più rozza sembra anticipare l’impostazione di quelli realizzati successivamente anche nelle grandi cattedrali cittadine, come fra le altre il pulpito della celebre basilica si S. Miniato a Firenze, dell’anno 1013[7].


2) Il primo pannello laterale destro: elementi fitomorfi con spirali

Il primo pannello laterale destro del pulpito è ornato con ben 48 piccole spirali (verosimilmente di forma evolvente o di Archimede) che sono state scolpite con il senso di rotazione alternativamente inverso. Fig.4

Le stesse disposizioni formano otto file orizzontali e sei colonne verticali. Inoltre, le colonne sono ordinate simmetricamente due a due rispetto a degli steli centrali di riferimento, da cui si dipartono le spirali stesse a forma di volute. Questa composizione suggerisce che si tratti di una forma di “stilizzazione” geometrica di un elemento fitomorfo, i cui tratti formali sembrano sorprendentemente rifarsi all'iconografia del ramoscello d'uva scolpito su uno dei capitelli della stessa pieve. Interpretazione che tra l'altro è ulteriormente supportata dal fatto che una simile iconografia è stata utilizzata come ornamento sia nella parte anteriore del leggio sia nella cornice del secondo pannello di sinistra dell'ambone, in cui è affigurato il Cherubino. Fig.5

Un altro elemento da considerare è la presenza del motivo a spirale, che si trova anche in altre chiese coeve dello stesso territorio. Questo motivo viene spesso utilizzato nelle volute dei capitelli e come coronamento di altre forme decorative scolpite sugli elementi architettonici.

Nell'arte romanica dell'epoca si osserva una tendenza a distanziarsi dalla rappresentazione naturalistica, adottando un linguaggio stilizzato volto a comunicare in modo più efficace la nuova realtà mistica. Questo stile si basa frequentemente su forme geometriche e motivi simbolici già noti. [8]

In altre parole, si verifica un progressivo abbandono delle forme realistiche a favore di rappresentazioni più astratte, che si concentrano principalmente su un piano spirituale e non richiedono una corrispondenza fedele con il mondo materiale. Un esempio di questa decorazione geometrica è riscontrabile nel terzo pannello laterale sinistro dell'ambone, dove si trovano forme circolari disposte in linea verticale, la nota rosa celtica a sei petali, oltre a spirali e simboli solari, tutte inserite in questa stessa matrice stilistica.

Riguardo al pannello in questione, è interessante notare che la ripetizione delle forme a spirale e la circolarità delle rappresentazioni richiamano il concetto di ciclicità e ripetitività. Questi elementi possono simbolicamente alludere al continuo riproporsi della vita o al cammino spirituale dell'uomo verso la salvezza. Le spirali, nonostante la loro esecuzione astratta, portano implicitamente, grazie alla loro carica simbolica acquisita nel tempo, alla visione ciclica dell'universo e al tema della presenza del divino, che era una questione profondamente sentita dalla chiesa neotestamentaria dell'epoca. Inoltre, la suddetta raffigurazione a spirali può essere interpretata come l'espressione iconografica della “vigna del Signore”, in linea con la tradizione medievale che associa Cristo alla vite e i suoi discepoli ai viticci. Questa immagine della vite richiama la regola della vita di fede che implica una comunione con Dio e con il prossimo. Come afferma il Vangelo di Giovanni (15, 1-2): "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo .Ogni tralcio che in me non dà frutto lo toglie via, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota affinché ne dia di più".

Un' altra possibile interpretazione è che la decorazione in questione sia una vera e propria stilizzazione dei fiori di giglio, notoriamente considerati il simbolo dell'amore puro e che spesso raffigurati nelle mani di Gabriele, l'Angelo dell'Annunciazione. E' interessante notare che questa forma di stilizzazione è stata riproposta in diverse epoche successive sia nelle decorazioni di arredi, come ad esempio in un armadio francese del XIV secolo (Mont Saint-Quintin, Museè des Arts Decoratifs, Coll. Daucet, armadio da sacrestia XIV secolo) in cui il motivo a spirali viene rappresentato come albero della vita con evidenti anologie con l'iconografia del pannello in esame, sia in altri vari manufatti in ferro realizzati fino ai giorni nostri. Fig.6

Infine, simili forme si possono ravvisare sia nelle decorazioni dei vasi di Galileo Chini, sia nell'albero della vita dipinto da Klimt, che rappresenta la salvezza giunta ai pagani dopo l'apocalisse.






3) Il secondo pannello di destra: iconografia del sole

Il secondo pannello, situato sulla destra del pulpito, presenta una rappresentazione solare molto originale. Ha la forma di una ruota con una dentatura triangolare lungo il bordo esterno, simboleggiando la luce e il calore emanati dal sole. All'interno è scolpita una straordinaria rosa celtica con otto petali disposti a raggiera in modo regolare, che potrebbero alludere alla divisione dell'anno secondo qualche forma di calendario. Questa stessa iconografia mostra anche un punto centrale ben definito, nel quale è presente il simbolo del logos, mentre la corona esterna è divisa in quattro settori da una croce assiale singolare. Le connessioni tra i bracci ortogonali della croce e la corona esterna probabilmente rappresentano i quattro momenti salienti del ciclo annuale del sole, come gli equinozi e i solstizi. Questo simbolismo mostra evidenti somiglianze con l'antica iconografia della "stella a otto punte", anch'essa inscritta in una circonferenza e legata al movimento del sole. Fig.7

In occidente, queste ricorrenze astronomiche evocano antichi riti agricolo-pastorali legati al nome di Giano. Giano, divinità solare degli Italici, aveva il controllo delle Porte del cielo che il sole apre all'alba e chiude al tramonto, cosi' come le apre e le chiude nei due momenti Solstiziali, segnando l'inizio delle due meta', ascendente e discendente, del percorso annuale. Infatti, molte sono le religioni che associano il sole, che è certamente il fenomeno celeste più importante, all'idea di una divinita' che abita nel cielo. Con l'avvento del cristianesimo, molti degli elementi simbolici solari sono stati incorporati, ad esempio, nella festività del Natale, che è stata fatta coincidere con la festa pagana del Sol Invictus. Quest'ultimo culto, di derivazione mithraica, era gia' celebrato il 25 Dicembre nell'antica Roma, seguendo il calendario di Giulio Cesare. Inoltre, con l'arrivo della filosofia agostiniana, la luce del sole che illumina ogni cosa, e' stata allegoricamente assimilata all'influsso del Logos Divino che permea il cammino spirituale dell'uomo. Pertanto, è molto probabile che l'iconografia sopra descritta, raffigurante il sole che sorge sempre ad est, offrendo generosamente i suoi influssi benefici per lo sviluppo della vita sulla terra, simboleggi l'immortalità e la resurrezione, in accordo con l'iconografia cristiana. La ricchezza culturale e storica di questa rappresentazione è stata opportunamente evidenziata dal Monsignore Valente Moretti nel suo opuscolo “Il Pulpito di Gropina – Una splendida meditazione sulla vita di fede”.

4) Il primo pannello di sinistra: la sirena bifida e la contrapposta figura maschile

Nella parte superiore del primo pannello, a sinistra dei simboli degli evangelisti, si trova una singolare figura maschile scolpita a basso rilievo, caratterizzata da una rappresentazione puramente lineare. Quest'uomo si distingue per le gambe rovesciate verso l'alto e le mani che afferrano le proprie caviglie, esprimendo un gesto di controllo. Sotto di lui, nella stessa formella, appare una sirena bicaudata ritratta frontalmente. Fig.8

Questa figura fantastica, rintracciata nella tradizione classica, era associata all’anima dei defunti che cercava di attirare i viventi verso l’oltretomba. La sirena presenta seni e una lunga capigliatura, mentre la parte inferiore del suo corpo, priva di connotazioni sessuali, si biforca in due code a forma di pesce, decorate con spunzoni simili a pinne. Con le braccia allargate, essa afferra le estremità delle sue stesse code.

Il collegamento simbolico tra queste due rappresentazioni è reso evidente dalla maestria dell’artista, che contrappone in modo incisivo la sirena, che funge da avvertimento per i fedeli come rappresentante della femminilità pericolosa, con la figura maschile, il cui atteggiamento quasi ieratico suggerisce una salvezza per coloro che riescono a resistere alle tentazioni terrene. Queste tentazioni sono personificate dai due serpenti, che si ergono minacciosi con le fauci spalancate ai lati della figura maschile, all’altezza delle orecchie, richiamando il canto della sirena sottostante. Inoltre, la postura di autocontrollo del personaggio maschile, che si tiene fermo afferrando le caviglie, può simboleggiare l'idea che, tramite il discernimento, l’uomo possa superare qualunque forma di tentazione, rappresentata in questo contesto dalla sirena bicaudata.

Queste figure, proprie dei miti dell’eredità pagana, di cui il Cristianesimo era depositario, non sono altro che voci della coscienza collettiva del medioevo e che il Cristianesimo medesimo aveva saputo utilizzare a propri scopi educativi, trasformandole in simboli che parlavano alle coscienze ed indicavano la scorciatoia della fede, anche se combinate con linguaggi figurativi di difficile interpretazione.

Riguardo al messaggio religioso che emerge dalla simbologia di questo pannello originale, e alla luce delle osservazioni precedenti, si concorda pienamente con quanto il Prof. Innocenti ha brillantemente delineato nel suo saggio su Internet, il quale afferma che l'immagine della sirena rappresenta la tentazione che l'uomo deve affrontare nel corso della sua vita: “ una tentazione che si oppone alla fede. Nessuna figura esprime meglio questo concetto della sirena, un simbolo preso dalla cultura classica che incarna l'ammaliatrice capace di incantare e distruggere.

Più in generale, si può osservare come le sirene, alle quali la tradizione classica aveva assegnato il compito pietoso di accompagnare le anime dei defunti nell’oltretomba, addolcendo loro quel passo con un canto melodioso, sotto l’influsso di correnti ascetiche, perdono la loro dignità astratta iniziale, che era stata loro conferita dagli antichi filosofi, trasformandosi in dannate trappole umane. La loro natura femminile si carica di connotazioni negative ed esse da donne- uccello, si trasformano in donne-pesce. [9]

Infatti, nel corso dell’ottavo - decimo secolo, durante il periodo medievale cristiano, le sirene sono state sempre più raffigurate come simbolo della lussuria e della seduzione. Verso il XIII secolo, ma si ritiene che ciò sia avvenuto molto prima, come starebbe a testimoniare il pulpito di Gropina, si è diffusa la rappresentazione delle sirene bicaudate che, dalle loro posizioni sui capitelli e sui portali delle chiese romaniche, mostrano in modo osceno le loro code divaricate e il loro sesso. Questa simbologia serve come monito ai fedeli affinché si allontanino dalle tentazioni della vita terrena e intraprendano il cammino virtuoso della fede cristiana. Queste rappresentazioni si possono trovare in varie cattedrali, come quella di Modena, e anche in chiese come la pieve dei Santi Cornelio e Cipriano di Capodiponte e la pieve di Corsignano a Pienza[10].

Infine, nella pieve di Corsignano (Pienza) la sirena troneggia sopra all’entrata, impugna le proprie pinne divaricate, ostentando l’inguine ben inciso. Anche in tal caso vengono utilizzate iconografie del tutto assimilabili a quelle del pannello di Gropina e che sono portatrici dello stesso monito ai fedeli affinche' rifuggano da tutte le tentazioni della vita terrena per intraprendere il cammino virtuoso degli insegnamenti Cristiani. Infatti, sul frontone d'ingresso alla chiesa da un lato è scolpita la scena in cui l'uomo si è fatto dominare dalle sue pulsioni più animalesche diventando egli stesso emblema della bestia, mentre dal lato opposto, di converso, e' raffigurato l'uomo virtuoso che, tenendo per mano la sua compagna, ha saputo dominare i suoi istinti piu' bassi per intraprendere la via dell' illuminazione e della salvezza. Fig.9





5) Il secondo pannello di sinistra: il Serafino ed altre rappresentazioni

La forma di rappresentazione angelica presente in questa scultura trae ispirazione dalla Sacra Scrittura, in particolare dal profeta Isaia. [11] Isaia parla di una visione che ebbe nel Tempio, in cui gli apparvero dei Serafini con sei ali ciascuno: due ali coprivano le braccia fino alle mani, altre due ali si estendevano fino ai piedi e le restanti due ali venivano usate per volare. Fig.10

Il Serafino può essere considerato, a tutti gli effetti, come il messaggero di Dio presso gli uomini e, pertanto, rappresenta un valido richiamo al mondo angelico e, quindi, al paradiso, quale meta dell'uomo di fede. La rappresentazione di questa figura angelica può essere interpretata come un elemento unificatore dei mondi materiale e spirituale, incarnando la dicotomia tra corpo e anima, materia e spirito che è alla base della filosofia cristiana. Attraverso questa figura, l'uomo, che secondo la fede cristiana è ontologicamente della stessa sostanza del Dio, essendo stato creato a sua immagine e somiglianza, può finalmente entrare in contatto con il Divino e contemplarlo. E’ significativo il fatto che ai lati del Serafino, siano stati scolpiti due fantastici Grifoni in posizione rampante, simili a come avviene nell’araldica antica. Questi Grifoni simboleggiano la forza della vigilanza e della sorveglianza. Nel contesto della scultura, rappresentano simbolicamente come l'accesso al Paradiso sia ben vigilato e che e' consentito solo a coloro che abbiano condotto una vita virtuosa ed in perfetta armonia con gli insegnamenti Divini. L'animale fantastico del Grifone, con il corpo di un leone e la testa e le ali di un'aquila, inizialmente rappresentava Satana che catturava le anime, ma in seguito, specialmente nella mistica medievale ed in particolare con Dante, divenne un simbolo di Cristo. Con le sue due nature, umana e divina, Cristo entra nella storia e si erge a pastore della Chiesa.[12]

Nella scultura, si può notare una disposizione a forma di croce tra la rappresentazione orizzontale delle braccia del Serafino e la parte verticale della stessa creatura celeste. Questo simboleggia il luogo di riconciliazione tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo. Inoltre, nella parte inferiore della scultura, ai lati della figura angelica, sono stati scolpiti due agnelli con il simbolo della croce inciso verticalmente sopra del profilo superiore del dorso dell’animale. Questa rappresentazione si avvicina molto all'iconografia classica dell'agnus Dei o, ancor piu' verosimilmente, a quella legata all'agnello trionfante ritto sul monte Sion (Apocalisse di Giovanni 14,1). I due agnelli sono disposti in modo asimmetrico, entrambi orientati verso sinistra e con la testa girata all’indietro. L'agnello e' il simbolo della creatura pura e innocente. E' stato offerto in sacrificio dagli Ebrei durante la Pasqua ed e' diventato l'immagine neotestamentaria del “buon pastore” Gesu' che va alla ricerca delle pecorelle smarrite. Anche Giovanni Battista (1, 29) indica Gesu' come l' “agnello di Dio” che prende su di se' il peso dei peccati del mondo. I due agnelli nella scultura, con ai loro piedi la stilizzazione del giglio aperto, simbolo di purezza, testimoniano la figura del Cristo che, attraverso il proprio sacrificio, ha riaperto le porte del Paradiso a tutti gli uomini di buona volonta', ridando loro la speranza di guadagnarsi la vita eterna. [13]


6) Il terzo pannello di sinistra: simboli solari e spiraliformi.

In questo piccolo pannello si può osservare una fontanella singolare, culminante a forma di giglio, con un uccello, probabilmente un'aquila, sulla parte destra simboleggiante la vittoria della luce sulle forze del male. Sulla parte sinistra è raffigurata una figura demoniaca, probabilmente un drago, con un corpo spiraliforme annodato tre volte, che rappresenta il mondo infernale. Inoltre, sono presenti scolpiti una serie di simboli solari, tra cui serpenti spiraliformi e cerchi con figure romboidali al loro interno. Questi simboli rappresentano sequenzialmente le diverse fasi dello schiudersi di un fiore, più propriamente della rosa celtica nelle sue varie esplicazioni geometriche, con quattro, cinque e sei petali . Queste rappresentazioni simboliche indicano il sole, la luce e il calore, ma anche il fiore, la bellezza e la rinascita dopo l'inverno. Le varie iconografie sembrano essere organizzate in modo logico, seguendo il ciclo della vita. Tra la ruota e il fiore della vita, c'è una connessione che rappresenta il divenire e lo schiudersi dei petali come manifestazione vitale spontanea legata ai ritmi naturali intorno a un punto centrale. È importante sottolineare che il simbolo della rosa celtica, rappresentato in diverse forme con quattro, cinque e sei petali, racchiude anche significati esoterici legati a questi numeri. Pertanto, possiamo considerare questo pannello come un'ode alla vita, dove la magnifica fontanella simboleggia la vita eterna e la rinascita. L'acqua ha sempre rappresentato un elemento di guarigione e purificazione, anche prima che fosse associata al battesimo cristiano. Le sorgenti, specialmente quelle termali, sono state considerate luoghi di culto per le loro proprietà terapeutiche, soprattutto nell'area celtica. Dall'interpretazione di questa simbologia, possiamo trarre alcuni concetti astratti che rimandano all'infinità del Dio Onnipotente rappresentata dal cerchio e alla bellezza della vita che si rinnova costantemente rappresentata dalla Rosa Celtica o fiore della vita. L'insegnamento che ne possiamo ricavare è che, così come l'aquila simboleggia la vittoria della luce sul male rappresentato dal drago, l'uomo deve superare le proprie debolezze per conquistare il paradiso e mantenere puro il proprio spirito.

7) Il basso rilievo a fascia presente alla base dell’ ambone.

L'ambone presenta una base circolare che lungo tutto il suo perimetro è adornata da un bassorilievo decorativo a forma di fascia, con un'altezza approssimativa di 20 centimetri. Questa decorazione è costituita da elementi vegetali, presumibilmente raffiguranti tralci di vite e di quercia. Nel dettaglio, sulla parte semicircolare sinistra del pulpito, è scolpito un unico tralcio verosimilmente di vite che, con il suo progredire, si divide dando origine a due nuovi tralci: uno di vite e l'altro di quercia. Questi due tralci, a loro volta, formano un motivo composto da quattro anelli consecutivi, intrecciandosi tra di loro. Tale intreccio si ricompone successivamente in un unico tralcio lungo la parte rimanente della circonferenza destra. Fig.11

I Celti e i popoli germanici, inclusi i Longobardi, attribuivano un significato sacro agli alberi e al culto arboreo. La quercia, appartenente al gruppo degli "alberi cosmici", era considerata una rappresentazione visibile della divinità. I druidi, sacerdoti celti, celebravano i loro riti nei boschi e attribuivano alla quercia poteri magici. È ragionevole supporre che i costruttori dell'ambone abbiano cercato di conciliare la tradizione mitica con la religione cristiana, incorporando il messaggio evangelico nei simboli e nei valori radicati nella cultura popolare dell'epoca. Posizionando un ornamento arboreo alla base del pulpito, il luogo deputato alla diffusione della parola di Dio, si faceva riferimento a simboli preesistenti al cristianesimo, facilmente riconoscibili e interpretabili da tutti i fedeli. Questo rappresentava un invito per l'uomo a essere forte e perseverante nel restare fedele agli insegnamenti divini, respingendo ogni forma di tentazione che potesse distoglierlo dal cammino verso la salvezza eterna. Non si può escludere che l'ornamento rappresenti anche l'albero della vita, simbolo della connessione tra cielo e terra, tra il divino e l'umano. Nella tradizione antica, l'albero rappresentava l'albero della vita, che attingeva costantemente nuove forze vitali dal profondo della terra e simboleggiava il rinnovamento della vita stessa. Nell'arte cristiana, il motivo dell'albero della vita dell'Antico Testamento si trasforma nell'albero della croce, simbolo della redenzione. L'albero rappresenta quindi un tema ricco e diffuso, che ruota attorno all'idea di un cosmo vivente in continua rigenerazione, simbolo della vita in costante evoluzione e ascesa verso il cielo. [14]


8) Le colonne annodate e la parte frontale del pulpito.

La parte centrale dell'antichissimo pulpito è sorretta da due colonne in pietra levigata di straordinaria bellezza. Queste colonne, ricavate da un unico blocco e finemente annodate tra loro, conferiscono al complesso architettonico un'importanza particolare sia dal punto di vista artistico che simbolico. Fig.12

Le due colonne poggiano su un piedistallo rettangolare semplice nella parte inferiore e sono coronate da un doppio capitello ornato a rilievo nella parte superiore. Sopra il capitello, vi è un elemento architettonico aggiuntivo a forma di trabeazione, che conferisce un senso di unità strutturale e simbolica all'intero pulpito. Sulla superficie del capitello sono scolpite dodici figure umane inginocchiate, nude e con gli occhi sbarrati. Queste figure assumono un chiaro atteggiamento di preghiera, con le mani aperte alzate verso il cielo e le palme rivolte in avanti. Questo gesto rappresenta la più antica e naturale forma di preghiera, ancora praticata oggi dai sacerdoti durante la Messa.

Alcuni studiosi ritengono che queste figure, specialmente considerando il loro numero, simboleggino i dodici apostoli che ricevettero lo Spirito Santo durante la Pentecoste,[15] rappresentato dalle lingue di fuoco scolpite sulla pietra appena sopra le loro teste. Questa interpretazione è plausibile, ma solleva alcune incertezze poiché non vi è una corrispondenza numerica esatta tra le lingue di fuoco rappresentate dai dieci triangoli rovesciati sul pulpito e i dodici apostoli a cui si riferiscono. Infatti, questa rappresentazione sembra discostarsi dalla descrizione evangelica secondo cui le lingue di fuoco si posarono, una per ciascun apostolo, sulle loro teste. Tuttavia, considerando che gli artigiani responsabili di questa importante opera sacra possedevano una notevole conoscenza, che si estendeva ben oltre gli aspetti cristiani, come dimostrano le icone presenti, è improbabile che tale discrepanza sia stata semplicemente un errore da parte dell'esecutore dell'opera. È più plausibile supporre che, pur mantenendo l'evento della Pentecoste come base della rappresentazione, non si sia cercata una mera trasposizione letterale del racconto evangelico, ma piuttosto l'espressione di una presenza divina più profonda. Questo obiettivo sembra essere stato raggiunto tramite la sacralità dei numeri, che nella raffigurazione dei dieci triangoli rovesciati immediatamente sopra il capitello del pulpito rappresentano la perfezione. Infatti, il numero dieci è la somma dei primi quattro numeri e rappresenta la totalità dei principi universali. Esso è considerato perfetto ed è talvolta utilizzato per rappresentare la divinità nella sua essenza dogmatica di un solo Dio in tre persone uguali e distinte. Questa simbolica dei numeri è profondamente radicata nella struttura e nell'iconografia delle chiese romaniche. "Dio ha messo il numero in tutte le cose", scrisse Sant'Agostino, mentre Boezio affermava che "un uomo estraneo alla matematica non può raggiungere una vera conoscenza". Di conseguenza, è impossibile ignorare il significato del simbolismo dei dieci triangoli rovesciati nella rappresentazione della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. Questa scelta diviene ancor più chiara quando si osserva che uno dei triangoli presenta l'incisione della testa di un bue, chiaramente evocante il simbolo dell'evangelista Luca. Egli è colui che ha narrato l'importante evento della Pentecoste. Fig.13

Riguardo al significato delle due colonne annodate, si ritiene che esse simboleggino il miracoloso legame tra il cielo e la terra, realizzato anche attraverso la discesa dello Spirito Santo. Le colonne, per la loro stessa natura, raffigurano un elemento architettonico che collega l'alto e il basso, assumendo un significato spirituale che allude alla presenza attiva di Dio che guida il popolo verso la salvezza e la vita eterna. Questo significato viene enfatizzato dalla presenza del nodo, che incarna l'elemento di congiunzione tra la parte superiore e inferiore della colonna ofitica ed è simbolo stesso dell'unione tra la realtà terrena e quella divina. Inoltre, il fatto che le colonne ofitiche siano state posizionate nei punti più significativi e visibili dei monumenti cristiani, come le facciate delle chiese e delle cattedrali, ai lati dei portoni d'ingresso, tra le colonne delle absidi e dei chiostri interni delle abbazie, nonché come supporto degli altari, dei pulpiti e persino come decorazione dei fonti battesimali, suggerisce che questo motivo architettonico sia intriso di un profondo significato religioso. Si può anche supporre che le colonne annodate, nelle loro varie combinazioni a coppie o gruppi di quattro, rappresentino la figura stessa di Cristo e la sua opera salvifica a favore dell'umanità. Il nodo, in questo caso, viene visto come simbolo di riconciliazione tra cielo e terra, attraverso la passione e la resurrezione di Cristo, nostro Signore. [16]. In generale, l'intera struttura frontale del pulpito sembra esaltare una linea verticale che simboleggia questa fusione ideale tra cielo e terra, tra il mondo materiale e quello spirituale. Questo concetto è chiaramente espresso dalla presenza universale di Dio attraverso i simboli dei quattro evangelisti, disposti lungo la suddetta linea verticale, tenendo anche conto del simbolo dell'evangelista Luca inciso su una delle lingue di fuoco scolpite. Infatti, i quattro evangelisti sono spesso paragonati alle colonne che sostengono il mondo, simboleggiando il sostegno della conoscenza, della vita e del sacro. Ne consegue che la complessità architettonica e simbolica di questo antichissimo pulpito rappresenti una testimonianza significativa del pensiero e dell'arte religiosa dell'epoca romanica, con un forte richiamo alla sacralità dei numeri e alla simbologia cristiana.


9) Sintesi del messaggio contenuto nella simbologia del pulpito.

Il messaggio ecumenico espresso complessivamente dall'intero organismo architettonico, come si può evincere dalle rappresentazioni descritte sopra, è strettamente legato all'ordine e alla disposizione dei vari elementi che lo compongono, al loro numero e alle rispettive iconografie, nonché alla connessione e all'accentuazione delle diverse parti. In altre parole, tutti i valori simbolici che possono essere effettivamente riscontrati in questa magnifica opera sacra contribuiscono a trasmettere un messaggio di unità tra diverse fedi e ad enfatizzare l'importanza della fede e della redenzione. Anche se potrebbe essere difficile cogliere appieno tutto ciò che l'artista ha voluto comunicare ai fedeli attraverso le rappresentazioni plastiche che adornano il pulpito, i capitelli e la zona sacra del presbiterio, è evidente che in queste icone la comunità dell'epoca si riconosceva e le sculture apparivano agli occhi dei fedeli come uno specchio edificante della vita terrena e un insegnamento rivolto alla redenzione finale.

Si tratta quindi di una forma di trasmissione del cristianesimo in un modo semplice e vicino al sentire popolare. Le varie rappresentazioni riflettono in larga misura la commistione terrena del bene e del male, tracciando un percorso di grande significato per i fedeli e mirato alla redenzione e alla liberazione dagli errori umani. Il tema fondamentale delle sculture presenti a Gropina, che è comune anche alle altre chiese romaniche, è la contrapposizione tra episodi negativi, spesso rappresentati da fiere selvagge e maligne, e episodi positivi, contraddistinti da scene religiose e animali che alludono alla figura di Cristo. Questa contrapposizione rappresenta una continua lotta del bene contro il male e desidera presentare allo spettatore il giusto cammino verso Dio. Con il romanico, le manifestazioni artistiche non sono più semplici rappresentazioni, ma diventano oggetto di attenzione e osservazione da parte delle popolazioni locali e, pertanto, diventano esse stesse fonte di arricchimento spirituale e di apprendimento religioso. Questo aspetto è particolarmente importante per la catechesi degli abitanti delle campagne, che erano per lo più analfabeti. In particolare, la sintesi del messaggio può essere individuata nella simbologia distribuita lungo le due direzioni principali in cui si articola l'intero complesso architettonico del pulpito, ma soprattutto lungo l'asse verticale. Qui, la presenza della colonna ofitica, delle dodici figure oranti e dei simboli dei tre Evangelisti (San Giovanni, San Matteo e San Marco), oltre a Luca, rappresentato poco al di sotto dei precedenti, sembrano voler alludere alla folgorazione divina che, dall'alto verso il basso, attraversa l'intero pulpito centralmente, irradiandosi poi allegoricamente sulla terra e sui suoi abitanti.



[1] Del Vita S., “La pieve di San Pietro a Gropina, VII edizione, 1988, Tipografia Commerciale – Montevarchi.

[2] Padre D. Bacci, Antichità del Tempio di S. Pietro a Gròpina – Arte Storia e Leggenda – Valdarno Superiore, pagg. 33, 113 e 114.

[3] Lopes Pegna M., op. cit. (2), nota (50) a fondo pag. 25.

AA.VV.,”L’architettura Religiosa in Toscana il Medioevo” – Cap. “La rinascita  Romanica : le componenti del rinnovamento e la cultura artistica” a cura di Moretti I., pag.88.

[4] Sterpos D., “Comunicazioni stradali attraverso i tempi” Firenze – Roma, Novara, 1964, pagg. 16-17; Maetzke G., Florentia, Roma, 1941, pag. 20; Lopes Pegna M. (1), Itinerae Etruriae, Firenze, 1951-1953, pagg. 420 - 421;  Lopes Pegna M. (2) “ Le strade Romane del Valdarno” – Quaderni di Studi Storici Toscani – Serie Sesta-Quaderno IV, Firenze, MCMLXXI, pagg. 22-28; Battisti C., Firenze e gli Etruschi, in “Firenze”, a cura di J. De Blasi, Firenze, 1943, pag.115 – Uscendo da Arezzo questa strada toccava Quarta, Ponte a Buriano, Castiglion Fibocchi e Pieve a Gropina. Passava nei pressi di Loro Ciuffenna e raggiungeva Moltalto e Certignano. Da qui perveniva a Castelfranco di Sopra, saliva a Pian di Scò e proseguiva verso Pian di Cascia, Pietrapiana, S. Donato, Pitiana, Donnini, Fontisterni, Altomena, scendendo fino alla Sieve che superava sotto il Poggio di Quona. Al di là della Sieve proseguiva per le Sieci, Compiobbi saliva verso Terenzano, Gamberaia, Settignano, Corbignano fino a Maiano quindi, per il Regresso, raggiungeva Fiesole e da qui proseguiva verso Luni.

[5] Del Vita S., op. cit., pag. 19.

[6] Salmi M., Civiltà artistica della terra aretina, Istituto Geografico de Agostini, Novara 1971, pag.51.

[7] Padre D. Bacci, op. cit., pag 84.

[8] Giovanna Fogliardi, I frammenti altomedievali inseriti nell’abside romanica di San Lorenzo a Tenno: significato primario e traslato. – Estratto da “Studi Trentini di Scienze Storiche” – Sezione Seconda Rivista della “Società d Studi Trentini di Scienze Storiche” – annata LXVI – N.1 – 1987, pag. 27.

[9] Le sirene pesce in http//www.direnzo.it|

[10] Moretti I., op. cit., pag. 107.

[11] Dalla Bibbia – ( Is. 6, 1-6)

[12] Biedermann Hans, “Enciclopedia dei simboli”, il Grifone – ediz. Garzanti.

[13] Biedermann H., op. cit., l'agnello.

[14] Danesi Silvano: Ormus in http://www.silvanodanesi.

[15] Atti degli Apostoli I e II

[16] Monsignor Valente Moretti, pievano di Gropina, "Il Pulpito di Gropina-Una Splendida meditazione sulla vita di fede’. In esso troviamo la sua definizione della COLONNA COL NODO,  che mi sembra assai interessante riportare integralmente:  

" Essa esprime il più grande mistero della fede:la Trinità di Dio. C’è un solo Dio in tre Persone uguali e distinte: Padre e Figlio espressi con le due colonnine annodate; e c’è lo Spirito Santo il cui simbolo è il nodo. E’ l’amore che unisce Padre e Figlio fino a fare di tre Persone un Dio solo. Cosicché possiamo dire con S. Agostino che in Dio c’è l’Amante, è il Padre; c’è l’Amato, è il Figlio; e c’è l’Amore, è lo Spirito Santo. Il mistero della Trinità di Dio è la BASE di tutto il credo cattolico e l’artista ne ha collocato il simbolo nella Base del pulpito dal quale questo mistero viene insegnato!

Anche il secondo mistero della fede,l’incarnazione del Figlio di Dio,è presente nella colonna col nodo. In Cristo, Dio fatto uomo, vi sono due nature: la divina e l’umana. Ecco le due colonnine. Ma c’è una sola persona, quella divina, ed ecco il nodo che unisce le due nature. Splendido messaggio di fede, la colonna annodata, che si trova anche altrove ma solo come elemento decorativo".