La Pieve di S. Pietro a Gropina è situata lungo l'antica strada dei Setteponti, che si snoda attraverso i contrafforti del Pratomagno, poco distante dall'abitato di Loro Ciuffenna. La sua posizione suggestiva, immersa nella natura e circondata da colline e boschi, la rende un luogo di grande fascino e suggestione. Fig.1
Oggi la pieve di San Pietro a Gropina è un luogo di culto e di
spiritualità, ma anche di turismo e di interesse storico-artistico. I
visitatori che giungono in questo luogo possono godere della bellezza
di un contesto carico di storia e di tradizione, e lasciarsi
trasportare dall'atmosfera magica e avvolgente che lo circonda.
Di questa antichissima chiesa, la cui realizzazione nella veste attuale viene fatta risalire,
dagli studiosi più autorevoli, tra la seconda metà del XII secolo ed i primi anni del secolo
successivo, si ha già notizia in un diploma di Carlo Magno del 780, con il quale si concedevano
alla potentissima Abbazia di San Silvestro di Nonantola molti beni situati in Toscana e fra
questi la Pieve di S. Pietro a Gropina.
Attestazione storica che trova un sostanziale riscontro nel fatto che, durante alcuni scavi effettuati in occasione dei
lavori di restauro del complesso religioso, sono emerse tracce significative di strutture romane ed i resti di due chiese
notevolmente più antiche di quella attualmente esistente, di cui una risalente al periodo Longobardo (VIII-IX
secolo) e l’altra addirittura al periodo paleocristiano (V-VI secolo).
[1]
Tra l’altro, tale luogo, stando alle leggende
popolari e prima dell’epoca di conversione al cristianesimo,
avrebbe ospitato un tempio pagano dedicato ad una Divinità femminile, e
propriamente alla dea Diana, figlia di Giove e di Latona e sorella di Apollo[2]
Infatti, la tesi circa il passaggio di una strada consolare romana sulla riva destra dell’Arno
il cui tracciato, relativamente al collegamento tra le località di Arezzo e Fiesole,
ricalcasse sostanzialmente quello della cosiddetta strada dei “setteponti”,
oltre ad essere sostenuta da moltissimi storici, è anche avvalorata dalla
presenza, su tale itinerario, di alcune antichissime pievi che, in molti casi,
rappresentano la continuazione dei preesistenti “pagus” romani.[4]
Lo studio e l'interpretazione della simbologia presenti in queste entità religiose sono fondamentali per comprendere meglio il pensiero antropologico di questo affascinante periodo storico, specialmente riguardo alle esperienze che hanno caratterizzato le diverse realtà delle nostre campagne. E’ importante sottolineare che e' molto difficile comprendere i fenomeni artistici dell'epoca medievale a causa del divario immenso tra la mentalità di allora e quella attuale. Infatti, mentre la mentalità medievale era incentrata su una forma di religione interpretata in senso magico, mistico e simbolico, quella attuale si basa principalmente su fondamenti scientifici. Per l'uomo medievale profondamente religioso, le decorazioni all'interno dei luoghi sacri non avevano solo una funzione ornamentale, ma costituivano il veicolo essenziale per l'apprendimento dei dogmi della chiesa. Da qui deriva l'interesse nel fare alcune considerazioni sull'iconografia dell’affascinante ambone, che si ritiene risalga al periodo longobardo, come suggeriscono le caratteristiche costruttive.
L'ambone è sostenuto lateralmente da due massicce colonne rettangolari di pietra, che
hanno una funzione statica evidente, mentre la parte anteriore poggia su una colonna emblematica ofitica
coronata da un capitello sul quale sono scolpite dodici piccole figure inginocchiate. Alcuni studiosi
ritengono che queste figure raffigurino i dodici Apostoli, mentre altri le considerano delle figure
in preghiera.[5]
In definitiva possiamo constatare che le sculture appartenenti al contesto storico, quale quello proprio
del pulpito e dell'intero edificio religioso di Gropina, sono rappresentative di
un gusto che adottava repertori decorativi caratteristici delle realtà
contadine che mescolano simboli magici e pagani con quelli della Cristianità.
In tal modo, le maestranze dell'epoca, hanno saputo operare una sofisticata sintesi teologica
e dottrinaria in grado di rispondere all'istanze religiose delle popolazioni delle nostre
campagne che, per l'apprendimento dei nuovi dogmi Cristiani, si sono avvalse delle preesistenti
iconografie pagane e attribuendo ad esse dei nuovi significati.
Con riferimenti eminentemente classici è invece il leggio, che pur nella sua
forma più rozza sembra anticipare l’impostazione di quelli realizzati
successivamente anche nelle grandi cattedrali cittadine, come fra le altre il
pulpito della celebre basilica si S. Miniato a Firenze, dell’anno 1013[7].
Le stesse disposizioni formano otto file orizzontali e sei colonne
verticali. Inoltre, le colonne sono ordinate simmetricamente due a due
rispetto a degli steli centrali di riferimento, da cui si dipartono
le spirali stesse a forma di volute. Questa composizione suggerisce che
si tratti di una forma di
Un altro elemento da considerare è la presenza del motivo a spirale, che si trova anche in altre chiese coeve dello stesso territorio. Questo motivo viene spesso utilizzato nelle volute dei capitelli e come coronamento di altre forme decorative scolpite sugli elementi architettonici.
Nell'arte romanica dell'epoca si osserva una tendenza a distanziarsi
dalla rappresentazione naturalistica, adottando un linguaggio
stilizzato volto a comunicare in modo più efficace la nuova realtà
mistica.
Questo stile si basa frequentemente su forme geometriche e motivi
simbolici già noti.
[8]
Riguardo al pannello in questione, è interessante notare che la ripetizione delle forme a spirale e la circolarità delle rappresentazioni richiamano il concetto di ciclicità e ripetitività. Questi elementi possono simbolicamente alludere al continuo riproporsi della vita o al cammino spirituale dell'uomo verso la salvezza. Le spirali, nonostante la loro esecuzione astratta, portano implicitamente, grazie alla loro carica simbolica acquisita nel tempo, alla visione ciclica dell'universo e al tema della presenza del divino, che era una questione profondamente sentita dalla chiesa neotestamentaria dell'epoca. Inoltre, la suddetta raffigurazione a spirali può essere interpretata come l'espressione iconografica della “vigna del Signore”, in linea con la tradizione medievale che associa Cristo alla vite e i suoi discepoli ai viticci. Questa immagine della vite richiama la regola della vita di fede che implica una comunione con Dio e con il prossimo. Come afferma il Vangelo di Giovanni (15, 1-2): "Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo .Ogni tralcio che in me non dà frutto lo toglie via, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota affinché ne dia di più".
Un' altra possibile interpretazione è che la decorazione in questione sia una vera e propria stilizzazione dei fiori
di giglio, notoriamente considerati il simbolo dell'amore puro e che spesso raffigurati nelle mani di Gabriele,
l'Angelo dell'Annunciazione. E' interessante notare che questa forma di stilizzazione è stata riproposta in diverse
epoche successive sia nelle decorazioni di arredi, come ad esempio in un armadio francese del XIV secolo (Mont Saint-Quintin,
Museè des Arts Decoratifs, Coll. Daucet, armadio da sacrestia XIV secolo) in cui il motivo a spirali viene rappresentato
come albero della vita con evidenti anologie con l'iconografia del pannello in esame, sia in altri vari manufatti in ferro
realizzati fino ai giorni nostri.
Fig.6
Infine, simili forme si possono ravvisare sia nelle decorazioni dei vasi di Galileo Chini, sia nell'albero della vita dipinto da Klimt, che rappresenta la salvezza giunta ai pagani dopo l'apocalisse.
In occidente, queste ricorrenze astronomiche evocano antichi riti agricolo-pastorali legati
al nome di Giano. Giano, divinità solare degli Italici, aveva il controllo delle
Porte del cielo che il sole apre all'alba e chiude al tramonto, cosi' come le apre e le
chiude nei due momenti Solstiziali, segnando l'inizio delle due meta', ascendente e discendente,
del percorso annuale.
Infatti, molte sono le religioni che associano il sole, che è certamente il fenomeno celeste più importante,
all'idea di una divinita' che abita nel cielo. Con l'avvento del cristianesimo, molti degli elementi
simbolici solari sono stati incorporati, ad esempio, nella festività del Natale, che è stata fatta
coincidere con la festa pagana del Sol Invictus. Quest'ultimo culto, di derivazione mithraica, era
gia' celebrato il 25 Dicembre nell'antica Roma, seguendo il calendario di Giulio Cesare. Inoltre,
con l'arrivo della filosofia agostiniana, la luce del sole che illumina ogni cosa, e' stata allegoricamente
assimilata all'influsso del Logos Divino che permea il cammino spirituale dell'uomo.
Pertanto, è molto probabile che l'iconografia sopra descritta, raffigurante il sole che sorge sempre ad est,
offrendo generosamente i suoi influssi benefici per lo sviluppo della vita sulla terra, simboleggi
l'immortalità e la resurrezione, in accordo con l'iconografia cristiana. La ricchezza culturale e storica
di questa rappresentazione è stata opportunamente evidenziata dal Monsignore Valente Moretti nel suo opuscolo
“Il Pulpito di Gropina – Una splendida meditazione sulla vita di fede”.
Questa figura fantastica, rintracciata nella tradizione classica, era associata all’anima dei defunti che cercava di attirare i viventi verso l’oltretomba. La sirena presenta seni e una lunga capigliatura, mentre la parte inferiore del suo corpo, priva di connotazioni sessuali, si biforca in due code a forma di pesce, decorate con spunzoni simili a pinne. Con le braccia allargate, essa afferra le estremità delle sue stesse code.
Il collegamento simbolico tra queste due rappresentazioni è reso evidente dalla maestria dell’artista, che contrappone in modo incisivo la sirena, che funge da avvertimento per i fedeli come rappresentante della femminilità pericolosa, con la figura maschile, il cui atteggiamento quasi ieratico suggerisce una salvezza per coloro che riescono a resistere alle tentazioni terrene. Queste tentazioni sono personificate dai due serpenti, che si ergono minacciosi con le fauci spalancate ai lati della figura maschile, all’altezza delle orecchie, richiamando il canto della sirena sottostante. Inoltre, la postura di autocontrollo del personaggio maschile, che si tiene fermo afferrando le caviglie, può simboleggiare l'idea che, tramite il discernimento, l’uomo possa superare qualunque forma di tentazione, rappresentata in questo contesto dalla sirena bicaudata.
Queste figure, proprie dei miti dell’eredità pagana, di cui il Cristianesimo era depositario, non sono altro che voci della coscienza collettiva del medioevo e che il Cristianesimo medesimo aveva saputo utilizzare a propri scopi educativi, trasformandole in simboli che parlavano alle coscienze ed indicavano la scorciatoia della fede, anche se combinate con linguaggi figurativi di difficile interpretazione.
Riguardo al messaggio religioso che emerge dalla simbologia di questo pannello originale,
e alla luce delle osservazioni precedenti, si concorda pienamente con quanto il Prof. Innocenti
ha brillantemente delineato nel suo saggio su Internet, il quale afferma che l'immagine della
sirena rappresenta la tentazione che l'uomo deve affrontare nel corso della sua vita:
“ una tentazione che si oppone alla fede. Nessuna figura
esprime meglio questo concetto della sirena, un simbolo preso dalla cultura classica che incarna
l'ammaliatrice capace di incantare e distruggere.
Il Serafino può essere considerato, a tutti gli effetti, come il messaggero di Dio presso gli uomini e, pertanto,
rappresenta un valido richiamo al mondo angelico e, quindi, al paradiso, quale meta dell'uomo di fede.
La rappresentazione di questa figura angelica può essere interpretata come un elemento unificatore dei mondi
materiale e spirituale, incarnando la dicotomia tra corpo e anima, materia e spirito che è alla base della filosofia
cristiana. Attraverso questa figura, l'uomo, che secondo la fede cristiana è ontologicamente della stessa sostanza
del Dio, essendo stato creato a sua immagine e somiglianza, può finalmente entrare in contatto con il Divino e contemplarlo.
E’ significativo il fatto che ai lati del Serafino, siano stati scolpiti due fantastici Grifoni in posizione rampante,
simili a come avviene nell’araldica antica. Questi Grifoni simboleggiano la forza della vigilanza e della sorveglianza.
Nel contesto della scultura, rappresentano simbolicamente come l'accesso al Paradiso sia ben vigilato e che e' consentito
solo a coloro che abbiano condotto una vita virtuosa ed in perfetta armonia con gli insegnamenti Divini.
L'animale fantastico del Grifone, con il corpo di un leone e la testa e le ali di un'aquila, inizialmente rappresentava
Satana che catturava le anime, ma in seguito, specialmente nella mistica medievale ed in particolare con Dante, divenne
un simbolo di Cristo. Con le sue due nature, umana e divina, Cristo entra nella storia e si erge a pastore della
Chiesa.[12]
I Celti e i popoli germanici, inclusi i Longobardi, attribuivano un significato sacro agli alberi e al culto arboreo. La quercia, appartenente al gruppo
degli "alberi cosmici", era considerata una rappresentazione visibile della divinità. I druidi, sacerdoti celti, celebravano i loro riti nei boschi e
attribuivano alla quercia poteri magici.
È ragionevole supporre che i costruttori dell'ambone abbiano cercato di conciliare la tradizione mitica con la religione cristiana, incorporando il
messaggio evangelico nei simboli e nei valori radicati nella cultura popolare dell'epoca. Posizionando un ornamento arboreo alla base del pulpito, il
luogo deputato alla diffusione della parola di Dio, si faceva riferimento a simboli preesistenti al cristianesimo, facilmente riconoscibili e
interpretabili da tutti i fedeli.
Questo rappresentava un invito per l'uomo a essere forte e perseverante nel restare fedele agli insegnamenti divini, respingendo ogni forma di tentazione
che potesse distoglierlo dal cammino verso la salvezza eterna. Non si può escludere che l'ornamento rappresenti anche l'albero della vita, simbolo della
connessione tra cielo e terra, tra il divino e l'umano.
Nella tradizione antica, l'albero rappresentava l'albero della vita, che attingeva costantemente nuove forze vitali dal profondo della terra e simboleggiava
il rinnovamento della vita stessa. Nell'arte cristiana, il motivo dell'albero della vita dell'Antico Testamento si trasforma nell'albero della croce,
simbolo della redenzione. L'albero rappresenta quindi un tema ricco e diffuso, che ruota attorno all'idea di un cosmo vivente in continua rigenerazione,
simbolo della vita in costante evoluzione e ascesa verso il cielo. [14]
Le due colonne poggiano su un piedistallo rettangolare semplice nella parte inferiore e sono coronate da un doppio capitello ornato a rilievo nella parte superiore. Sopra il capitello, vi è un elemento architettonico aggiuntivo a forma di trabeazione, che conferisce un senso di unità strutturale e simbolica all'intero pulpito. Sulla superficie del capitello sono scolpite dodici figure umane inginocchiate, nude e con gli occhi sbarrati. Queste figure assumono un chiaro atteggiamento di preghiera, con le mani aperte alzate verso il cielo e le palme rivolte in avanti. Questo gesto rappresenta la più antica e naturale forma di preghiera, ancora praticata oggi dai sacerdoti durante la Messa.
Alcuni studiosi ritengono che queste figure, specialmente considerando
il loro numero, simboleggino i dodici apostoli che ricevettero
lo Spirito Santo durante la Pentecoste,[15]
rappresentato dalle lingue
di fuoco scolpite sulla pietra appena sopra le loro teste. Questa
interpretazione è plausibile, ma solleva alcune incertezze poiché non
vi è una corrispondenza numerica esatta tra le lingue di fuoco
rappresentate dai dieci triangoli rovesciati sul pulpito e i dodici
apostoli a cui si riferiscono. Infatti, questa rappresentazione
sembra discostarsi dalla descrizione evangelica secondo cui le lingue
di fuoco si posarono, una per ciascun apostolo, sulle loro teste.
Tuttavia, considerando che gli artigiani responsabili di questa
importante opera sacra possedevano una notevole conoscenza, che si
estendeva ben oltre gli aspetti cristiani, come dimostrano le icone
presenti, è improbabile che tale discrepanza sia stata semplicemente
un errore da parte dell'esecutore dell'opera. È più plausibile supporre
che, pur mantenendo l'evento della Pentecoste come base della
rappresentazione, non si sia cercata una mera trasposizione letterale
del racconto evangelico, ma piuttosto l'espressione di una presenza
divina più profonda. Questo obiettivo sembra essere stato raggiunto
tramite la sacralità dei numeri, che nella raffigurazione dei dieci
triangoli rovesciati immediatamente sopra il capitello del pulpito
rappresentano la perfezione. Infatti, il numero dieci è la somma dei
primi quattro numeri e rappresenta la totalità dei principi universali.
Esso è considerato perfetto ed è talvolta utilizzato per rappresentare
la divinità nella sua essenza dogmatica di un solo Dio in tre persone
uguali e distinte. Questa simbolica dei numeri è profondamente radicata
nella struttura e nell'iconografia delle chiese romaniche. "Dio ha
messo il numero in tutte le cose", scrisse Sant'Agostino, mentre Boezio
affermava che "un uomo estraneo alla matematica non può raggiungere una
vera conoscenza".
Di conseguenza, è impossibile ignorare il significato del simbolismo
dei dieci triangoli rovesciati nella rappresentazione della discesa
dello Spirito Santo sugli apostoli. Questa scelta diviene ancor più
chiara quando si osserva che uno dei triangoli presenta l'incisione
della testa di un bue, chiaramente evocante il simbolo dell'evangelista
Luca. Egli è colui che ha narrato l'importante evento della Pentecoste.
Fig.13
Riguardo al significato delle due colonne annodate, si ritiene che esse
simboleggino il miracoloso legame tra il cielo e la terra, realizzato
anche attraverso la discesa dello Spirito Santo.
Le colonne, per la loro stessa natura, raffigurano un elemento
architettonico che collega l'alto e il basso, assumendo un significato
spirituale che allude alla presenza attiva di Dio che guida il popolo
verso la salvezza e la vita eterna. Questo significato viene enfatizzato
dalla presenza del nodo, che incarna l'elemento di congiunzione tra la
parte superiore e inferiore della colonna ofitica ed è simbolo stesso
dell'unione tra la realtà terrena e quella divina.
Inoltre, il fatto che le colonne ofitiche siano state posizionate nei
punti più significativi e visibili dei monumenti cristiani, come le
facciate delle chiese e delle cattedrali, ai lati dei portoni d'ingresso,
tra le colonne delle absidi e dei chiostri interni delle abbazie, nonché
come supporto degli altari, dei pulpiti e persino come decorazione dei
fonti battesimali, suggerisce che questo motivo architettonico sia
intriso di un profondo significato religioso.
Si può anche supporre che le colonne annodate, nelle loro varie
combinazioni a coppie o gruppi di quattro, rappresentino la figura
stessa di Cristo e la sua opera salvifica a favore dell'umanità.
Il nodo, in questo caso, viene visto come simbolo di riconciliazione
tra cielo e terra, attraverso la passione e la resurrezione di Cristo,
nostro Signore.
[16].
In generale, l'intera struttura frontale del pulpito sembra esaltare una
linea verticale che simboleggia questa fusione ideale tra cielo e terra,
tra il mondo materiale e quello spirituale.
Questo concetto è chiaramente espresso dalla presenza universale di Dio
attraverso i simboli dei quattro evangelisti, disposti lungo la suddetta
linea verticale, tenendo anche conto del simbolo dell'evangelista Luca
inciso su una delle lingue di fuoco scolpite. Infatti, i quattro
evangelisti sono spesso paragonati alle colonne che sostengono il mondo,
simboleggiando il sostegno della conoscenza, della vita e del sacro.
Ne consegue che la complessità architettonica e simbolica di questo
antichissimo pulpito rappresenti una testimonianza significativa del
pensiero e dell'arte religiosa dell'epoca romanica, con un forte
richiamo alla sacralità dei numeri e alla simbologia cristiana.
Si tratta quindi di una forma di trasmissione del cristianesimo in un modo semplice e vicino al sentire popolare. Le varie rappresentazioni
riflettono in larga misura la commistione terrena del bene e del male, tracciando un percorso di grande significato per i fedeli e mirato alla
redenzione e alla liberazione dagli errori umani. Il tema fondamentale delle sculture presenti a Gropina, che è comune anche alle altre chiese
romaniche, è la contrapposizione tra episodi negativi, spesso rappresentati da fiere selvagge e maligne, e episodi positivi, contraddistinti da
scene religiose e animali che alludono alla figura di Cristo. Questa contrapposizione rappresenta una continua lotta del bene contro il male e
desidera presentare allo spettatore il giusto cammino verso Dio.
Con il romanico, le manifestazioni artistiche non sono più semplici rappresentazioni, ma diventano oggetto di attenzione e osservazione da parte
delle popolazioni locali e, pertanto, diventano esse stesse fonte di arricchimento spirituale e di apprendimento religioso. Questo aspetto è
particolarmente importante per la catechesi degli abitanti delle campagne, che erano per lo più analfabeti.
In particolare, la sintesi del messaggio può essere individuata nella simbologia distribuita lungo le due direzioni principali in cui si articola
l'intero complesso architettonico del pulpito, ma soprattutto lungo l'asse verticale. Qui, la presenza della colonna ofitica, delle dodici
figure oranti e dei simboli dei tre Evangelisti (San Giovanni, San Matteo e San Marco), oltre a Luca, rappresentato poco al di sotto dei precedenti,
sembrano voler alludere alla folgorazione divina che, dall'alto verso il basso, attraversa l'intero pulpito centralmente, irradiandosi poi
allegoricamente sulla terra e sui suoi abitanti.
[1] Del Vita S., “La pieve di San Pietro a Gropina, VII edizione, 1988, Tipografia Commerciale – Montevarchi.
[2] Padre D. Bacci, Antichità del Tempio di S. Pietro a Gròpina – Arte Storia e Leggenda – Valdarno Superiore, pagg. 33, 113 e 114.
[3] Lopes Pegna M., op. cit. (2), nota (50) a fondo pag. 25.
AA.VV.,”L’architettura Religiosa in Toscana il Medioevo” – Cap. “La rinascita Romanica : le componenti del rinnovamento e la cultura artistica” a cura di Moretti I., pag.88.
[4] Sterpos D., “Comunicazioni stradali attraverso i tempi” Firenze – Roma, Novara, 1964, pagg. 16-17; Maetzke G., Florentia, Roma, 1941, pag. 20; Lopes Pegna M. (1), Itinerae Etruriae, Firenze, 1951-1953, pagg. 420 - 421; Lopes Pegna M. (2) “ Le strade Romane del Valdarno” – Quaderni di Studi Storici Toscani – Serie Sesta-Quaderno IV, Firenze, MCMLXXI, pagg. 22-28; Battisti C., Firenze e gli Etruschi, in “Firenze”, a cura di J. De Blasi, Firenze, 1943, pag.115 – Uscendo da Arezzo questa strada toccava Quarta, Ponte a Buriano, Castiglion Fibocchi e Pieve a Gropina. Passava nei pressi di Loro Ciuffenna e raggiungeva Moltalto e Certignano. Da qui perveniva a Castelfranco di Sopra, saliva a Pian di Scò e proseguiva verso Pian di Cascia, Pietrapiana, S. Donato, Pitiana, Donnini, Fontisterni, Altomena, scendendo fino alla Sieve che superava sotto il Poggio di Quona. Al di là della Sieve proseguiva per le Sieci, Compiobbi saliva verso Terenzano, Gamberaia, Settignano, Corbignano fino a Maiano quindi, per il Regresso, raggiungeva Fiesole e da qui proseguiva verso Luni.
[5] Del Vita S., op. cit., pag. 19.
[6] Salmi M., Civiltà
artistica della terra aretina, Istituto Geografico de Agostini, Novara 1971,
pag.51.
[7] Padre D. Bacci, op. cit., pag 84.
[8] Giovanna Fogliardi, I frammenti altomedievali inseriti nell’abside romanica di San Lorenzo a Tenno: significato primario e traslato. – Estratto da “Studi Trentini di Scienze Storiche” – Sezione Seconda Rivista della “Società d Studi Trentini di Scienze Storiche” – annata LXVI – N.1 – 1987, pag. 27.
[9] Le sirene pesce in http//www.direnzo.it|
[10] Moretti I., op. cit., pag. 107.
[11] Dalla Bibbia – ( Is. 6, 1-6)
[12] Biedermann Hans, “Enciclopedia dei simboli”, il Grifone – ediz. Garzanti.
[13] Biedermann H., op. cit., l'agnello.
[14] Danesi Silvano: Ormus in http://www.silvanodanesi.
[15] Atti degli Apostoli I e II
[16] Monsignor Valente Moretti, pievano di Gropina, "Il Pulpito di
Gropina-Una Splendida meditazione sulla vita di fede’. In esso
troviamo la sua definizione della COLONNA COL NODO, che mi sembra assai
interessante riportare integralmente:
" Essa
esprime il più grande mistero della fede:la Trinità di Dio. C’è un solo Dio
in tre Persone uguali e distinte: Padre e Figlio espressi con le due
colonnine annodate; e c’è lo Spirito Santo il cui simbolo è il nodo. E’
l’amore che unisce Padre e Figlio fino a fare di tre Persone un Dio solo.
Cosicché possiamo dire con S. Agostino che in Dio c’è l’Amante, è il Padre; c’è
l’Amato, è il Figlio; e c’è l’Amore, è lo Spirito Santo. Il mistero della
Trinità di Dio è la BASE di tutto il credo cattolico e l’artista ne ha collocato
il simbolo nella Base del pulpito dal quale questo mistero viene insegnato!
Anche il
secondo mistero della fede,l’incarnazione del Figlio di Dio,è presente nella
colonna col nodo. In Cristo, Dio fatto uomo, vi sono due nature: la divina e
l’umana. Ecco le due colonnine. Ma c’è una sola persona, quella divina, ed ecco
il nodo che unisce le due nature. Splendido messaggio di fede,
la colonna annodata, che si trova anche altrove ma solo come elemento
decorativo".