Lo studio territoriale condotto nella Valle del Terzolle ha, tra l'altro,
evidenziato una significativa presenza di antichi molini, dislocati lungo
il corso del torrente principale e dei suoi affluenti minori. L'analisi è
stata condotta attraverso la consultazione di cartografia storica e una
ricognizione sistematica del territorio.
Infatti, nella parte medio-alta della valle, nel territorio dei popoli di
S. Andrea a Cercina e delle chiese circostanti, si osserva una certa
concentrazione di molini, specialmente nella zona cosiddetta del “
Molino del Bosi o di Segalari”. In questo luogo, la famiglia
omonima ha gestito piccole proprietà e strutture molitorie per secoli.
L'origine di questi opifici lungo il corso del Terzolle e dei suoi
affluenti è poco documentata, ma molti di essi risalgono certamente al
XI-XII secolo e alcuni hanno continuato la loro attività fino al XX
secolo.
Tuttavia, non è possibile confermare con certezza la presenza di mulini
nella zona alta della Valle fino a quando non saranno condotte ulteriori
ricerche archeologiche. Sarebbe interessante esplorare il fosso del
mulino, che si trova a monte del Castello di Castiglione, insieme alle
aree circostanti, per cercare eventuali resti di antiche strutture
manifatturiere, come sembrano emergere da una lettura delle cartecatastali
ottocentesche. Il nome stesso del fosso potrebbe rappresentare un
indicativo importante delle attività storiche della zona e potrebbe
rivelarsi utile per indirizzare eventuali ricerche future. È importante
notare che Alberto Lippi, esperto del territorio, ha documentato nelle
sue illustrazioni, riportate rispettivamente a pagina 30 e 84 del suo
saggio sulla “pieve di Cercina e la valle del Terzolle
”, la presenza di un mulino sia lungo il menzionato “fosso
del mulino”, sia lungo il “fosso di Cercina Vecchia
”, posizionandolo poco sotto all'omonimo antico insediamento.
Nel 1427, i molini della famiglia “Bosi” erano
registrati nel catasto e sono visibili sulla Carta dei Capitani di Parte
Guelfa del Popolo di S. Andrea a Cercina, vicino al territorio
confinante di S. Margherita o Maria a Cercina Vecchia.
Essi ricevevano l'acqua da una stessa gora, tutt'ora esistente, la cui
presa d'acqua è situata, risalendo il corso del torrente Terzolle, poco
distante dall'antico ponte medievale e in concomitanza con lo sbocco del
fosso proveniente da Cercina vecchia. Infatti, il sistema idraulico
partiva chiaramente a monte degli opifici con delle gore di captazione
delle acque (detto anche bottaccio) che correvano parallele ai corsi
d'acqua ed in prossimità dei mulini alimentavano delle vasche di accumulo
delle acque. All’interno degli edifici l’acqua cadeva direttamente sulla
ruota orizzontale detta ritrecine o delle doccie indirizzavano l’acqua e
successivamente, attraverso dei pozzi, l’acqua veniva reimmessa a valle
su gore che potevano servire un altro opificio o ritornare al fiume
L'insediamento abitativo attuale in località “Bosi” è composto dal molino principale, modernizzato in passato per adattarsi alle
esigenze del tempo, e da un secondo impianto, poco distante, anch'esso preposto alla macinazione, oltre ad alcune case per affitto, una delle quali
ospitava un appalto per il sale e tabacchi. Nel 1976, gran parte del complesso era in rovina e solo poche abitazioni erano occupate. Recentemente,
l'intero insediamento è stato oggetto di un progetto di ristrutturazione e adibito a uso residenziale.
Questo insediamento, grazie alla presenza dei molini e della rivendita di sali e tabacchi, ha svolto un ruolo di rilievo per la popolazione residente
fino a tutta la prima metà del XX secolo. Ciò è testimoniato anche dalle varie richieste rivolte, nel corso del tempo, al Sindaco del Comune di Sesto
Fiorentino e, precedentemente, alle autorità che gestivano il territorio, da parte dei notabili della zona e dai Pievani di Cercina, affinché si
provvedesse alla manutenzione della strada cosiddetta del molino, l'unica via di accesso ai suddetti servizi e alla località di Canonica.
Il secondo molino, cosiddetto di “ripresa“, ricevendo l'acqua già utilizzata dal precedente, che è il meglio conservato nelle sue
parti originarie, si trova sull'argine destro idrografico del torrente Terzolle, tra la Via del Molino e il torrente stesso, vicino al ponte che
porta alla località di Canonica. L'edificio è costituito da più corpi di fabbrica, di cui il principale sembra essere il più antico. L'ingresso si
trova sulla facciata principale, protetto da un cancello in legno. Qui si trova anche l'incavo per l'ingresso dell'acqua nel condotto, a forma di
tronco di cono inclinato verso l'interno. Sotto il suolo c'è la grotta con la ruota a pale, in cui arrivava l'acqua.
L' impianto si sviluppa su tre livelli: il piano terra che doveva essere presumibilmente adibito a deposito dei prodotti in arrivo e a zona di
preparazione; il locale seminterrato, facente parte del corpo di fabbrica principale, situato in adiacenza all'attuale grotta, è stato anch'esso
per lunghi periodi adibito a deposito dei macinati, ma è anche ipotizzabile che lo stesso, originariamente, costituisse una seconda
“grotta” contenente le pale motrici delle macine.
Il piano sottostante, con accesso dal retro, è costituito da un piccolo locale di mt.3,90x1,40, che forma un corpo avanzato rispetto al resto della
costruzione, ed era destinato anch'esso alla macinazione. Vi si trovano (e sono ancora visibili) due macine in pietra del diametro
rispettivamente di cm. 125 e 140, cerchiate in ferro e alloggiate in apposite nicchie di cm. 215 di altezza per cm. 150 di profondità. Tutto
l' impianto è coperto con coppi e tegoli. L'orditura è in legno e la forma della copertura è a capanna a due falde per il molino (con la
falda prospiciente la strada più breve di quella orientata verso il torrente) e a una falda per l' avancorpo ove sono situate le macine ed è
pure a una falda l'altro volume forse adibito a deposito.
Sempre, secondo le mappe cinquecentesche dei Capitani di Parte Guelfa, poco più a valle dei due precedenti opifici, si trovava un terzo molino, alimentato
dalle acque dello stesso torrente attraverso un'autonoma canalizzazione. Un quarto molino, invece, era situato, poco distante dal precedente, ma realizzato
lungo il fosso di Vagliano, da cui traeva le acque necessarie al suo funzionamento. Questa posizione strategica dei molini permetteva di sfruttare al
meglio le risorse idriche disponibili, garantendo una produzione efficiente di farina. I mulini ad acqua infatti, con le loro ruote orizzontali che
imprimevano al sistema una bassa velocità di rotazione, erano in grado di macinare solo piccole quantità di grano, ma la presenza di più molini aumentava
la capacità complessiva di produzione.
Inoltre, lungo il corso del Terzolle, nei pressi della località delle Masse, vi era anche un importante fattoio ad acqua di pertinenza della Fattoria di
Careggi, posto nel “Popolo di S. Lorenzo a Serpiolle Potesteria di Fiesole”. La cui proprietà, confinava con il fiume Terzolle, i beni
delle Monache di Boldrone, i beni degli eredi Grazzini, i beni della chiesa di S. Lorenzo a Serpiolle e i beni del Sig. Francesco Doni. Tutto ciò è
quanto risulta dalla Pianta del 1696 disegnata dall'agrimensore Giovannozzi Giovannozzo, conservata negli archivi del Fondo “Piante dello
Scrittoio delle Regie Possessioni” presso l'A.S.Fi.
Ancora più a valle, nei pressi della località di Careggi, lungo l'attuale via delle Gore, fino al secolo scorso erano presenti diversi molini ad acqua,
il cui movimento era proprio garantito dal sistema di canalizzazione delle “gore”. In tal modo si deviava artificialmente l'acqua
dal torrente, consentendo il funzionamento delle rispettive macine. Secondo quanto si apprende dalla lettura della cartografia storica, principalmente
di quella catastale, i vari molini erano dislocati nelle vicinanze del corso del Terzolle e si susseguivano in sequenza. Inoltre, la canalizzazione
artificiale si estendeva ben oltre il termine dell'omonima Via delle gore, arrivando, infine, a riversare le acque reflue nel Terzolle dopo aver
servito l'ultimo mulino, poco prima dell'antico ponte di Rifredi.
Dalla cartografia storica emergono informazioni significative riguardanti la posizione di alcuni edifici destinati alla molitura. Uno di questi, noto
come molino “Rampanini”, si trovava vicino al ponte sul Terzolle di Via Giulio Caccini, come indicato nello stradario del comune di
Firenze del 1913.
Un altro molino era sicuramente situato alla fine del “Vicolo dei Pinozzi”, appartenente alla famiglia che possedeva le terre
circostanti e, probabilmente, anche il mulino. Un terzo mulino si collocava lungo il Terzolle in una posizione intermedia rispetto ai primi due,
un dato riscontrabile nella mappa catastale del 1817 del Popolo di S. Stefano in Pane, illustrata nella figura n.7.
Dallo stato delle anime della pieve di S. Stefano in Pane risultano infatti catalogati tre mulini sotto la dizione di mulino di Sopra, mulino di
Sotto e mulino di Mezzo. Infine, un quarto mulino, che si inserisce perfettamente in continuità con i tre già menzionati, è facilmente individuabile
nella carta topografica del 1851 dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana, dove è segnato con il medesimo simbolo distintivo utilizzato
per gli altri mulini. Questo ulteriore mulino era probabilmente situato nei pressi dell'antica Villa Baldini (ex Villa Gentili), tuttora
esistente, localizzata tra Via delle Gore e Via del Berignolo, il cui nome fa riferimento al canale che verosimilmente alimentava il mulino stesso.
Tuttavia, con il passare del tempo e l'avvento delle nuove tecnologie, i molini ad acqua sono stati progressivamente abbandonati a favore di impianti più
moderni ed efficienti. Oggi, i vecchi molini rappresentano un importante patrimonio storico e culturale, che merita di essere preservato e valorizzato per
testimoniare il lavoro e la creatività delle generazioni che li hanno costruiti e utilizzati.
In conclusione, la presenza di antichi molini lungo la Valle del Terzolle riflette un'importante attività economica nella storia del territorio,
testimoniata dalla persistenza di alcuni di essi ancora funzionanti fino ai tempi moderni. Aspetto questo che è riscontrabile in tutta la fascia medio
collinare che contorna la città di Firenze. Le brevi considerazioni sopra esposte hanno lo scopo di richiamare l'attenzione dei vari osservatori su un
argomento che può rivestire un certo interesse storico-ambientale e che ancora non è stato esplorato a sufficienza.